Il libro di Vincenzo Imperatore “Sacco Bancario”, nel capitolo dedicato al crack Deiulemar, affronta anche il ruolo della Consob e della Banca d’Italia, visto che si tratta di organi di vigilanza che evidentemente non hanno fatto il loro dovere. Emblematico il ruolo dell’avvocato Roberto Maviglia, che prima di diventare amministratore unico della compagnia nel 2012 fu consulente nel 2004, facendo ottenere alla Deiulemar l’iscrizione nell’elenco degli emittenti diffusi, ossia società con strumenti finanziari non collocati su mercati regolamentati ma oggetto di investimento presso un ampio numero di risparmiatori. Strana coincidenza, in quello stesso periodo alla Consob lavorava Renato Maviglia, fratello di Roberto. Nel libro si sottolinea inoltre che nel 2005 la Deiulemar veniva spogliata di ogni bene attraverso la costituzione di un reticolo di società fiduciarie e trust in Lussemburgo, Malta e Svizzera, con il chiaro intento di sottrarre risorse ai creditori. E la Consob dov’era? Oltretutto nel 2007 proprio la Consob aveva autorizzato un ulteriore prestito obbligazionario di 50 milioni di euro, nonostante il parere contrario della Banca d’Italia. Un operazione senza senso, visto che la compagnia era ormai una scatola vuota e per giunta indebitata. Si pone dunque l’enfasi sulle tante omissioni della Consob e sulla scarsa attenzione della Banca d’Italia, che nonostante gli enormi flussi di denaro e le irregolarità dei prestiti obbligazionari si è limitata a qualche denuncia senza mai bloccare tali operazioni, pur avendone gli strumenti.
Un ruolo importante nel crack lo hanno giocato anche gli istituti di credito, che hanno lucrato sulle ingenti somme di denaro presenti sui conti correnti personali di Michele Iuliano. Le banche erano consapevoli di prendere parte ad operazioni che venivano svolte in barba alle regolari procedure societarie, ed erano dunque corresponsabili. Oltretutto appare impossibile che l’ingente quantitativo di soldi finito all’estero non abbia implicato il coinvolgimento di qualche banca italiana. Il capitolo dedicato al crack Deiulemar si conclude infine con un passaggio molto significativo: “La verità è che quelle tre famiglie erano diventate padrone della città. Se qualcuno aveva bisogno di qualcosa non bussava alla porta del sindaco, ma alla loro. In pratica garantivano i livelli di occupazione e i profitti alle banche. A Torre del Greco c’è persino una strada intestata a Giovanni Battista Della Gatta, uno dei fondatori del colosso economico. Nel 2013, con un’iniziativa provocatoria, un gruppo di obbligazionisti tentò di ribattezzarla “via dei Truffatori””.
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